AS HIMSELF

La mia foto
Roma, Italy
He was born in a lazy tuesday.Just purple flowers around his cradle.Silence and purple flowers.The ancient Fathers whisper their secrets in his ears, before he went away, stolen by the wind, blessed by the moon."You are a travelling man" they said him.The roads of his life were just placed in the other side of our world, but when he became a man he felt the emptiness of the desert,and the acrid smell of the asphalt from the streets of the unknown. So he began writing poetry, singing against the night walls, searching for his home, taking his bag. He was a travelling man. And that's just a chosen destiny tale.

venerdì 23 maggio 2008

E se fossi una community?

Una piccola sintesi delle puntate precedenti: il funzionario del Regno, il nostro professore tanto in ansia di ripristinario il principio poco dialettico dello studio elitario, si è accorto che i barbari che da tanto attendeva scendere dalle montagne, sono già in città e gli stanno saccheggiando l'esistenza. Purtroppo hanno la faccia dei suoi nipotini.
I barbari del passato avevano le armi, i barbari che eravamo avevano la loro arte, i barbari che ci assediano cosa hanno?
L'informazione.
E' questa l'arma tremenda ed implacabile dei nuovi barbari: lo scambio informativo accessibile, gratutito, inarrestabile. Tutto sanno tutto e niente. E' un pò lo stile dell'ultima dinastia del Regno no? quale è l'ultima dinastia del Regno? Gli Americani. Ma ci sarà tempo per parlare di loro.
Nel frattempo concentriamoci sulle armi dell'orda. Se Leopardi avesse avuto un'arma avrebbe avuto un'ascia, un piccone per colpire in profondità, per fendere il velo e raggiungere l'infinito. E così vale un pò per tutti i romantici. Così si scelsero chi uno strumento, chi una penna, chi una tavolozza e con questi hanno trapanato per anni l'animo umano, quello che noi intendiamo per animo, qualcosa di profondo, cavernoso, difficile da carpire, da ricercare.
I barbari, mentre noi avevamo sostituito gli elmetti da minatore con le nostre sicurezze sul Sentimento, sulla Politica, sulla Religione e su tante altre Maiuscole, non muovendoci più nella ricerca, ma cristallizando dei principi, hanno deciso di aggirare la fortezza da sopra, dove non potevano essere visti.
Nel secondo capitolo avevo detto che la nostra civiltà si era impegnata nel trovare limiti e unità delle cose: l'uomo e Dio, Dio e la Natura, la Natura e l'Infinito e altri abbinamenti in cui emergesse la contrapposizione e la sofferenza per la nostra limitatezza, ogni tanto mandata nello "Iperspazio" dai sentimenti. E' come se noi ci mettissimo sempre dei paletti, all'inizio e alla fine di ogni cosa, così da misurarla e vederla in confronto a ciò che siamo. Non ci interessa il passaggio in mezzo, vogliamo i due paletti per delimitare lo scavo archeologico da visitare, da scavare.
Così i barbari si sono insediati su quello che c'è tra l'inizio e la fine delle cose, delle entità, dei sentimenti, della ragione, crando una rete di scambio di informazioni circa i punti di arrivo e di partenza. A loro interessa poco da dove parte il treno e dove si ferma, ma sono interessatissimi alle coincidenze, dove si incontrano le esperienze di chi viene da più parti. I barbari non si specializzano, raccolgono. Per questo noi li consideriamo dei superficiali, dei barbari, perchè lo sono, perchè costruiscono la loro cultura dove nessuno l'ha mai fatto, nel fare più cose, per averne dentro il maggior numero possibili, per essere delle coincidenze, delle intersezioni di informazioni, come sono i siti internet, come sono i centri commerciali.
I barbari vogliono diventare dei blog: non c'è alcuna gioia che passa per la sofferenza, la gioia è nell'accessibilità, nella semplicità, nella comodità.
Si può non condividere, pensare che solo i posteri capiranno, oppure essere dei semibarbari.

Nella prossima puntata curve, rette, punti e piani sul piano e piani nello spazio. Matematica pura o filosofia folleggiante?

giovedì 22 maggio 2008

3. I'm Lovin' it!

"Libera nos a malo"
prendendo coraggio nei pugni chiusi poggiati sul pavimento, il funzionario del Regno conclude la sua preghiera tardiva, riesce ad alzarsi, lascia mogli e figlio abbracciati e impauriti e si dirige verso la finestra, il grande arco a tutto sesto che, fa poco, si è fatto costruire per accedere al balcone.
Ha ancora gli occhi chiusi.
Così esce fuori, il calore del sole è tenace sul volto e alla fine decide di farcela, di sollevare le palpebre. Niente.
Non c'è fumo in lontananza, non ci sono eserciti addossati alle porte del palazzo, ma, poi, di colpo, ancora quelle grida nel vento, grida violente che scuotono la terra alle radici. Il funzionario corre alla ringhiera del balcone, si affaccia e guarda di sotto, lo sguardo corre lungo le mura, fino al terreno: riconosce i nipoti di alcuni suoi amici, parenti, ragazzi sulla ventina, anche più piccoli.
Rimane inerme, basito.
I barbari sono entrati.

Eravamo rimasti qui la volta scorsa, ma ormai sappiamo che i barbari sono entrati. Chi sono i barbari? perchè non fanno macerie, saccheggi, fiamme, razzie? Dove sono i loro eserciti di pelli d'orso vestiti? perchè se ne sentono le spaventose grida, ma non le luccicanti asce? Dove sono i barbari e, soprattutto chi sono, perchè li chiamiamo così?
Cominciamo dalle ultime domande, procedendo con alcune brevi definizioni.

Barbaro (barbaros) è la parola onomatopeica che gli antichi Greci utilizzavano per denominare gli stranieri ( i "balbuzienti"), coloro che non sapevano parlare il greco, quindi non ne condividevano la cultura. Successivamente, con l'ellenismo, il significato venne a modificarsi: ogni uomo partecipe della cultura e della cività ellena era elleno, gli altri solo barbari incivili. Con il Cristianesimo il termine assurge a dare una definizione in ambito religioso, poi quando l'Impero Romano viene cristianizzato torna l'accento culturale che rispecchia le differenza con i non "romani", non cristiani e, pertanto, culturalmente di civiltà inferiore. Sono questi quelli che nella nostro comune ricordo scolastico-popolare sono i Barbari: Unni, Goti, Ostrogoti. Pertanto, il termine nasce con una accezione di separazione, per poi prendere la sfumatura negativa e, ancor di più, dispregiativa che arriva oggi nel nostro immaginario.
Sostanzialmente i Barbari ebbero a vincere il confronto con un Impero Romano già decadente (tenete bene a mente i tratti salientei di questa storia) e iniziarono così i noti Regni Romano-Barbarici.
Nella cultura cinese barbaro è sinonimo di tutte quelle popolazioni che erano oltre la cultura cinese (i Manchu, i Tartari, i Mongoli ecc...) e da cui la Cina doveva ripararsi, date le scorribande improvvise e violente che muovevano queste orde, spinte dal bisogno, dalla fame. Il primo imperatore cinese della dinastia Yuan fu Kublai Khan, nipote di Gengis, che dichiarò la zona di Pechino come capitale. L'ultimo imperatore celeste era mancese.

Prendiamo la prima definizione di barbaro, quella degli antichi Greci: diverso dalla culrtura greca perchè non ha nella sua sfera culturale quel linguaggio, il linguaggio dominante.
Franz Grillparzer (lo potete vedere bene sulla prima pagina di Wikipedia dedicata a Beethoven) disse del compositore tedesco: "Chi verrà dopo di lui non continuerà, dovrà ricominciare, perché questo precursore ha condotto l'opera sua fino agli estremi confini dell'arte".
Ancora Haydn, suo maestro e grandissimo della musica classica: "sacrificherete le norme alle vostre immaginazioni". Per non annoiare troppo userò con parsimonia le prossime due citazioni.
Ludwig Van Beethoven fu il battistrada tra il tempo dei Lumi e lo spazio dei Romantici, la sua composizione artistica racchiude entrambe le influenze e le rielabora, costruendo un modello iniziale, che molti del suo tempo apprezzarono, ma ammisero di non comprendere, altri, invece, semplicemente lo ritennero stravagante, un'esagerazione del modo organico di sviluppare le idee. Gli alti e bassi, il travolgente irrompere della musica come se fossero i sentimenti dell'animo, non erano cose da sovrani illuminati, nè tantomeno da razionali uomini di scienza, qualsiasi forma di scienza essa fosse. Era una divertente, ma anche pericolosa barbarie. Io oggi scrivo predecessore, loro ieri scrivevano eccentrico, egocentrico, interessato al bello, al superficiale. Beethoven invece scriveva:"Noi, esseri limitati dallo spirito illimitato, siamo nati soltanto per la gioia e la sofferenza. E si potrebbe quasi dire che i più eminenti afferrano la gioia attraverso la sofferenza.". Che se ne facevano i lumi della gioia attraverso la sofferenza? Era il messaggio borghese, romantico che stava per comporsi nella sua maturità completa. Era Beethoven che scriveva ai principi che loro erano così per nascita, lui era così come era grazie a lui stesso ed era proprio per questo che non ci sarebbero stati altri Beethoven. Col senno del poi, sembra che il mondo, come dicevo nello scorso capitolo, ricerchi ancora nella profondità delle cose la loro ragion d'esser, la musica suscita emozione perchè riposrta emozione e, in uno dei film (e libri) più importanti della rivoluzione giovanile "Arancia Meccanica", Ludwig Van è sempre il musicista preferito del folle e distorto Alex (ma ci sarà tempo per parlare anche dei rivoluzionari). Beethoven ha attraversato il tempo perchè è stato un barbaro vincente, un pò come Kublai Khan. E come il Khan, nipote del tremendo barbaro Gengis, divenne imperatore della civile Cina, così Beethoven, barbaro musicale celeberrimo, ha inconsapevolmente donato il suo Inno alla Gioia alla massima espressione della civiltà europea: l'Unione. E visto che questi noti Barbari sembrano succedersi gli uni con gli altri all'interno della civiltà costituita (riprenderemo il concetto nel quarto capitolo), perchè il pagliaccio dal capello riccioluto e rosso di MacDonald's oggi dovrebbe essere una barbarie? E se domani la soundtrack della UE fosse sostituita dal Jingle del noto fast food americano?
Ma cosa è cambiato in questa evoluzione storica: i mezzi, le armi, la cultura, ma non il personaggio principale, ovvero, noi, gli uomini. Gengis Khan impose la sua potenza militare, bellica, la sua predominante violenza, sviscerata dal nomadismo, dalla povertà, dalla necessità, sui popoli civili, ma ormai seduti sulle loro elucubrazioni filosofiche, in discesa senza accorgersene. Suo nipote divenne la civiltà.
Beethoven, ma anche altri suoi contemporanei, non imposero le armi, ma la loro arte che scavava negli animi, tirando fuori i sentimenti, producendo quel risultato di uguaglianza nei sentimenti che ci eguaglia e rende liberi. Questi uomini avevano fame di irrazionalità, necessità di non essere principi, bisogno di valere comunque. Davanti a loro una società ancora elitaria, statica, decadente senza la capacità di comprenderlo. La sua musica, le loro opere sono il patrimonio della nostra civiltà.
Ronald MacDonald si scatta le foto coi bambini, è un punto di ritrovo per i ragazzi che lo guardano e ridono, ha creato un luogo per chi deve lavorare e ha brevi pause pranzo, per le famiglie, la domenica, propone un pasto non ben identificato, ma dal buon sapore, quei colori, il jingle danno allegria, le persone chiacchierano, si scambiano informazioni velocemente, si divertono, i bimbi giocano sugli scivoli o con la sorpresa dell'Happy Meal. Le persone che frequentano questi posti fanno più cose insieme, interagiscono. MacDonald's è un'esperienza completa e accessibile a tutti, senza dovere avere doti artistiche, capaci di esprimere un sentimento. Il sentimento non c'è, c'è la sensazione, lo scambio, la capacità di comunicare rapidamente con un linguaggio facile. Davanti a MacDonald's, ai centri commerciali, ai Warner Village, ai Forum online, ma anche davanti alla casa dell'occidentale medio con cena frugale, poche parole, televisione, musica e computer accesi, ci sono i funzionari del Regno che ascoltano il loro Beethoven, arroccati sulle loro posizioni, senza capire che stanno cadendo, finchè non vedono dal loro balcone i nipoti che comprano il Big Mac Menu take away e guardano l'ultima puntata del Grande Fratello.
I barbari sono entrati e non ce ne siamo accorti, talmente presi ad attendere il loro arrivo.
I barbari siamo noi.

"Benvenuto signore, cosa prende"
"Due Big Mac Menu a portar via e un happy meal..."
"Due nonno, due!"
"Due Happy Meal"
"Un minuto ed è tutto pronto, carta o contante?"
"Carta"
"Kublai, smettila di dar fastido a tua sorella e prendi le cannucce, sennò non facciamo in tempo a vedere la prima puntata del GF"
"Okay nonno Gengis"
"Li scusi sono bambini"
"Non si preoccupi signore"
"Mi può dare altre bustine di ketchup?"
"Sì, certo"
I barbari...

lunedì 19 maggio 2008

2. Venga il Tuo Regno

Il secondo capitolo riguarda la civiltà dominante, il castello, i nobili, il popolo, la bandiera issata sulla torre più alta, l'opulenza imperiale.
Il secondo capitolo riguarda il Regno, i darwiniani dominatori di cui siamo semplici figli ed eredi.
Se avessimo dovuto scattare un'istantanea del Regno otto anni fa, l'avremmo visto dorato, lucente, vincente, un sorriso di smacco e fascino che attraversava il mondo all'apice del suo splendore. Era l'Impero, era Alessandro magno che entrava a Babilonia.
Nel giro di un anno tutto era cambiato, ma otto anni dopo, questa patina luccicante sembra essere svanita, coriandoli a terra, ruggine, vestiti stracciati, come quando una nuvola copre il sole d'estate e i colori si rimestano su loro stessi, opacizzandosi, divenendo sempre più densi di ombra. L'Impero è tornato Regno. E' una Minas Tirith della nostra realtà, che si sta preparando. E' Alessandro Magno che si ritira dall'India.
Pertanto, è da questa impressione che voglio partire per descrivere lo stato vigente, descriverlo, delinearlo, disegnarlo, non commentare, se non involontarimante. Il concetto è breve e compatto come la sua enunciazione già, di per sè, eloquentemente ci comunica: limite.
Limite è circoscrizione dell'espansione, è punto alla fine di una frase, è confine geografico, divisione metafisica, capienza massima del sapere come memoria massima di un hard disk.
Pensando con una certa leggerezza, il concetto di limite è qualcosa che profondamente ci appartiene e che sempre poniamo come misura fondamentale del nostro prendere cognizione, del nostro osservare, analizzare, verificare, comprovare.
Poniamo un limite sin dalla storia più antiche, nel momento stesso in cui poniamo il mito nella natura, e, quindi, spieghiamo sbarrandone le possibilità, cioò che non possiamo comprendere con i nostri strumenti umani. Nonostante l'evoluzione (attenti a questa parola che troverà oltre ampio spazio) che ci ha assecondati in questi millenni, abbiamo avanzato di poco il nostro vallo verso l'oltre. A dire, che oggi la popolazione media è più alta, allora alziamo i tetti delle case, poco importa guardare le stelle.
Ma ho detto proprio "guardare le stelle"! Già, e fortuitamente è proprio qui che volevo arrivare, alle stelle. Perchè associamo determinati immagini a determinati sentimenti? quale è la regola che permette questo?
Nell'antichità la fenomenica, l'entità naturale era associata al divino, al mito. Nelle grandi religioni monoteistiche tutto è dio, perchè dio è tutto, in particolare poi, nella religione cristiana Dio è Amore. Rimanete con questa idea dell'associazione all'entità Dio, del fenomeno Amore. Torneremo dopo un brevissimo intermezzo culturale.
Nell'ambito della storia culturale dell'uomo (occidentale aggiungerei) si sovrappongono vari filoni, correnti artistiche che, cominciando dall'Umanesimo iniziano a dissociare l'uomo dalla religione, dalla sfera divina, focalizzandosi su di esso. Per quel che riguarda il Regno, l'Umanesimo è il solco che Romolo fece per disegnare la città di Roma.
Molto tempo dopo comparirono Illuminismo e Romanticismo, la ragione e i sentimenti: sostanzialmente, la struttura che oggi tutti riconosciamoa quel particolare animale che definiamo uomo. Come noterete, se non fosse nato uno studio che avesse focalizzato sulla persona, come essere degno di autonomo spazio e non solo di essere nota a margine della lunga definizione riportata sotto la parola Dio, Allah, Vishnu e similari, non avremmo poi ingenerato quel meccanismo, tipico del metodo scientifico di ramificare e analizzare. Così dal filone unitario, l'uomo. si scinde la ragione prima e, poi, arrivano i sentimenti, inconsciamente sciorinati con lo stesso cipiglio scientifico delle menti illuminate. Da allora, con una certa cadenza, cambiando alcune piccoli variabili, ci siamo barcamenati dal Positivismo all'Esistenzialismo, alternando la predominanza di queste due caratteristiche umane.
E' molto semplice e semplicistico favoleggiare in questa maniera secoli di sapere, ma voglio dare un quadro e, l'ho premesso, buttar giù un saggio non scientifico e ancor meno convenzionale.
Insomma, approdiamo a questa considerazione: il Regno si basa sul concetto che l'uomo esiste e va indagato, perchè l'uomo è limitato. Il capisaldo fermo, forte, sicuro, le mura aureliane di questa città sono fatte di mattoni su cui è scritto: c'è l'uomo, la natura e Dio; e di stendardi su cui in caratteri latini, medievali, gotici, vittoriani e quant'altro si riporta: ogni cosa è unita e separata.
E' questa la rivelazione stupenda che i nostri avi ci hanno messo in testa e volendo tornare allo scrittore (Baricco) che scrive dei barbari, cercando di capirli, lui mi trova d'accordo nel dire che oggi ancora siamo inguaribili Romantici: perchè in ogni cosa scaviamo, cercandone il senso ulteriore, il collegamento leopardiano, la tensione. In questo stirarci verso l'ignoto, l'infinito, il kantiano noumeno, ci perdiamo, ci uniamo e ci separiamo creando la scienza, l'arte, la nostra civiltà, espandendo la nostra egida sui Galli, o falcidiando con i nostri opliti, ardenti romantic, i feroci Persiani.
All'epoca della nascita del Regno, Dio era forte, presente, ma non pervadente: poteva struggere l'animo di chi all'infinito riversava il suo essere, ma lo streben era un'altra cosa.
Dio è Amore, come dicevamo, ma l'Amore appartiene ad una sfera del sentire che l'uomo scopre di possedere, che è sua, che lo descrive, lo limita e lo universalizza. Il nuovo giovane uomo (borghese) è il Regno, ed il Regno è lui, e se non ci sono libri sull'argomento, vorrà dire che si prenderà una penna e se li scriverà da solo.
L'uomo odierno si è evoluto e rimane in alcune persone ancora romantico, trivellatore dei buchi nel cielo tappati dalle stelle. Perchè le stelle, vi chiederete ora, visto che non v'ho risposto ancora.
Perchè è così che è nato il sentimento: la natura ha suscitato qualcosa, lo spettacolo che vi è oltra ha toccato una profondità che si è fatta sentire da un iniziale sentore, e Dio e lì dietro, dall'altra parte del palcoscenico, coperto da un sipario. Allora, tutto lega l'uomo e lo immerge come unità e come flusso.
L'uomo odierno si è evoluto, ma oggi il Regno sta per crollare, e quell'implosione mi pare dovuta ancora una volta al nostro principio fondante, il limite-tutto, che, come vedremo coi barbari, qualche falla ce l'ha.
Ma, intanto, dovremo parlar anche di come il funzionario del Regno vive oggi questo attacco al suo mondo, alla sua libertà relativa, figlia di un Dio benevolo e non pretenziosamente severo e figlio della superstizione. Io me lo immagino, in giacca e cravatta, portatile e trolley che, finalmente, in pubblico congiunge le mani, stringe a sè la figlia spaurita e la compagna di una vita, si piega sulle ginocchia, sul marmoreo pavimento del suo palazzo e sussurra:
"Venga il tuo Regno..."
Grida di barbari dalla radura.

Nella prossima puntata Gengis Khan che in questa non ci poteva proprio entrare.
Un grazie speciale a Baricco senza la cui intuizione non avrei potuto esaurire la mia.

sabato 17 maggio 2008

Corsi e Ricorsi o Panta Rei?

Prima di iniziare questo nuovo capitolo, una precisazione non precisata nella scorsa puntata, mi par d'obbligo. Qual'è lo scopo dell'opera? L'intento è voler parlar in modo non scientifico e ancor meno convenzionale della situazione delle generazioni di passaggio. Per operare una digressione di questo tipo cercherò di guardare nel Regno morente e al suo tentativo di coercire, di arraffare gli ultimi spiragli di vita, mentre i suoi tentacoli affogano nell'abisso della Storia; di capire il barbaro che invade, preme ai confini della civiltà e alla fine vi entra per farla sua; ed, infine, del rivoluzionario che fermenta proprio nelle botti di queste generazioni di passaggio. Considerato che il tema dello status, dell'invasore e del rule breaker sono esaustivamente affrontati in molti testi e dibattiti, io mi servirò di pochi esempi a riguardo, di poche immagini, cercando di delineare i tratti caratteristici di queste tipologie antropostoriche (questo termine me lo sono inventato ora) e di seguire le tre direttrici, le rivelazioni di cui ho parlato nella puntata precedente: il professore che siede sul trono del vecchio, lo scrittore che parla dei nuovi barbari, ancora un altro scrittore che vuole invadere o rivoluzionare (cercheremo di capire più tardi la differenza).
In questo mare magnum, vorrei, infine, realizzare la figura dello [h](a)[u]ngry man, personaggio tipico della generazione di passaggio e capire cosa sia questa generazione, cosa faccia, quanto la sua influenza sia determinante nel comporre una futura rivoluzione a breve termine, o a dar luogo ad una nuova generazione di passaggio, a nuova attesa, fermentazione in un nuovo mondo barbaro.
Per concludere vorrei davvero comprendere se la svolta che creano queste tipologie storiche è a ritroso, ovvero si ritorna a punti di partenza, o meglio, snodi storici fondamentali, oppure se è in fieri verso nuove strade non tracciate in cui rimangono solo apparenti capisaldi e retaggi di altre epoche.
Fatta questa precisazione doverosa, perchè sennò che saggio poco convenzionale e non scientifico sarebbe stato, possiamo cominciare e ,come disse un mio amico, mentre pranzavamo, come tutti gli anni, al mare, addentando una pesca: "Oh regà...panta rei".
Quindi, non perdiamoci in altre spiegazioni inutili.

venerdì 16 maggio 2008

1.Tamburi di Guerra

1.TAMBURI DI GUERRA
I sound my barbaric yawp over the roofs of the world
poetava, sperava, annunciava, proponeva, il vecchio W.W. (Walt Whitman) in Leaves of Grass, parlando di se stesso, del mondo, di ciò che non c'è (oppure non essendoci c'è) sopra la nostra Terra, della placidità degli animali. La conclusione della sua canzone su se stesso è che l'urlo barbarico sarà contro la disillusione, la solitudine, la comprensione sopra i tetti del mondo, per scuoterlo e scuotersi dall'imperante torpore. Il grido sugli altri e sulle cose che ad essi si legano, appartengono, in cui vivono, è la distinzione rispetto all'anonimato.
E' molto strano: ho letto questa piccola citazione di W.W. su un blog di un ottimo scrittore.
Voi, mi domanderete, perchè è strano trovare una citazione di uno scrittore sul blog di uno scrittore?
Semplicemente perchè c'è quel termine che, ormai da tre giorni, sembra portarsi indietro tutta la mia vita, dandole nuove rivelazioni: barbaric.
Ovunque vada, incontro qualcosa di barbarico, delle sensazioni di un'invasione, le percezioni di un nuovo stato di essenze che sta crollando sulla vecchia fortezza, sul Regno. Ho l'impressione che si stia sostanziando con varie sfaccettature il mio sentore di tamburi di guerra in lontanaza.
Ma questa era la terza rivelazione, pertanto, cominciamo dall'inizio.
Tutto è cominciato giovedì, dopo un esame andato male: aspettando il mio amico che finisse il suo esame, ho assistito al monologo finale di uno degli ultimi esemplari tipici del vecchio mondo che sta per essere divorato: il professore universitario.
L'argomento? La civiltà di massa. Ipotesi: oggi tutto è di massa, nulla è elitario, o meglio, nulla è distintivo, tutto ricade nel pentolone dove qualche saggia strega, sciamana dell'orda che sta per arrivare, mescola la nostra cultura fondamentale, sciogliendola in soluzioni nuove. Svolgimento: per questo io cerco di interrogarvi uno per uno, per sentire il polso delle vostre conoscenze. Osservazioni: la tesi del prof è molto interessante, gentile, se si vuole, ma è il metodo che è vecchio, apprendere nozioni pressochè in maniera mnemonica. Conclusione: Questo non si confà alla nuova cultura, al confronto, alla dialettica che ci vede in questo momento di passaggio, in cui un farraginoso modo di fare, gerarchico, burocratico si trova a dover affrontare un sistema veloce, rapido, senza molte regole di base, ma con grande pretesa di condivisione e sostituzione. Un mondo barbarico che s'addensa alle porte del Regno.
La seconda rivelazione arriva lo stesso giorno, poche ore dopo, in libreria, dove per dei semi-barbari come me, ancora accadono molte cose sante. Sfogliando i vari volumi e volumetti, mi ritrovo in mano un breve saggio di Baricco, intitolato proprio "I Barbari", che affronta una analisi approfondita dell'invasione che pervade il nostro mondo: la diffusione del prodotto per tutti, la commercializzazione elevata a sistema, la perdita dell'anima, confrontando questo modo di fare non nell'ottica degli assediati, ma bensì degli assedianti, cercando di capirne le motivazioni, le prospettive, tentando di creare dei precedenti con le "barbarie" del passato, tra cui, sorprendentemente, compare la Nona Sinfonia di un certo Beethoven, un barbaro del suo tempo, una ara sacrissima della nostra civiltà presa d'assalto.
Tre Rivelazioni, tre volte la barbarie in tre angolature diverse: gli occhi dei funzionari del Regno, gli occhi dell'Orda, gli occhi di chi, come me, vive a cavallo tra oggi e domani e odia tante nuove barbarie, mentre, anche, inconsapevolmente ne accetta e sfrutta molte altre.
Tesi: tra il regno e i barbari vive una generazione di mezzo, uno spartiacque, così insignificante all'apparenza quanto fondamentale nel suo esistere. Chiamerò questa mia generazione, la [H](a)[u]ngry Generatione, affamata ed arrabbiata, leggermente annoiata: si tratta di coloro che guardano "Amici", leggono Dante, ma non sanno usare il PC, tuttavia creano blog e chattano su MSN, pure se preferiscono scrivere in italiano senza "Ke" o "qlc" e "cmq" vari e se vogliono sapere qualcosa ricercano su Google. E' da essa che dipenderà l'impatto dell'orda, è da essa che dipenderà la reazione uguale e contraria del regno poichè questo sparuto grumo di persone è l'unico che oggi avverte i tamburi di Guerra.

Questo sarà il mio barbaric yawp over the roofs of the world. Nella prossima puntata "Venga il tuo Regno", o perchè se Gengis Khan fosse nato oggi guarderebbe il Grande Fratello.