AS HIMSELF
- the Rob's
- Roma, Italy
- He was born in a lazy tuesday.Just purple flowers around his cradle.Silence and purple flowers.The ancient Fathers whisper their secrets in his ears, before he went away, stolen by the wind, blessed by the moon."You are a travelling man" they said him.The roads of his life were just placed in the other side of our world, but when he became a man he felt the emptiness of the desert,and the acrid smell of the asphalt from the streets of the unknown. So he began writing poetry, singing against the night walls, searching for his home, taking his bag. He was a travelling man. And that's just a chosen destiny tale.
sabato 15 marzo 2008
Scontri a Lhasa
La Storia - La Cina controlla il Tibet dal 1951. Il Dalai Lama fuggì nel 1959 e da allora vive in esilio a Dharamshala, in India. Il leader tibetano, premio Nobel per la pace del 1989, non chiede più l'indipendenza, bensì l'autonomia della regione,ma Pechino ha sempre respinto ogni richiesta di confronto.
L'Attualità
Dharmsala (India), 10 mar. (Apcom) - Il Dalai Lama ha denunciato con forza la repressione cinese in Tibet, con dichiarazioni insolitamente dure e rilasciate nel giorno del 49esimo anniversario del suo esilio in India, ma soprattutto a cinque mesi dai Giochi olimpici a Pechino.
Il premio Nobel ha attaccato le "enormi e inimmaginabili violazioni dei diritti umani" commesse dalla Cina in Tibet, che arrivano a "negare la libertà religiosa": "Dopo circa sei decenni, i tibetani vivono in uno stato permanente di paura e sotto la repressione cinese", ha dichiarato Tenzin Gyatso di fronte ai suoi sostenitori raccolti a Dharamsala, sede del governo tibetano in esilio nel nord dell'India.
Affermazioni pesanti,anche se il Dalai Lama accusa regolarmente Pechino di mettere in pratica un'"aggressione demografica" a causa della colonizzazione accelerata del Tibet che sta portando l'area a un "genocidio culturale".
Pechino, 11 mar. (Ap) - I monaci buddisti hanno organizzato due proteste questa settimana a Lhasa, capitale del Tibet, in segno di aperta sfida al regime cinese. Alcuni di loro sono stati arrestati, ma per essere poco dopo rilasciati.
Champa Phuntsok, tibetano alla guida del governo regionale, ha affermato che le autorità hanno detenuto brevemente alcuni monaci del monastero di Drepung fuori da Lhasa, i quali cercavano di marciare verso la città nell'anniversario della fallita rivolta tibetana contro Pechino nel 1959. Phuntsok ha spiegato che i monaci sono stati rilasciati poco dopo essere stati interrogati e "consigliati".
Ieri circa 300 bonzi, secondo Radio Free Asia, si sono diretti fino al maestoso Palazzo Potala, ex residenza dei Dalai Lama delle diverse generazioni, per chiedere il rilascio dei monaci arrestati a ottobre scorso quando il leader spirituale, il Dalai Lama Tenzin Gyatso, ricevette la medaglia d'oro del Congresso Usa, una premio che irritò i vertici di Pechino. Champa Phunstok ha confermato inoltre una dimostrazione minore nel corso della quale nove monaci hanno gridato slogan di protesta nei pressi di un tempio.
Centinaia di esuli tibetani hanno ripreso intanto stamattina da Dharmsala, nel nord dell'India, la marcia di protesta contro l'assegnazione a Pechino dei Giochi olimpici e sfidano la polizia indiana che ha ordinato loro di non uscire dal distretto. La marcia, cominciata ieri e interrotta nella notte vicino alla città indiana sede del governo tibetano in esilio, è diretta verso il Tibet.
Lhasa, 14 mar. (AP) - Negozi e automobili delle forze dell'ordine sono stati date alle fiamme oggi nel centro di Lhasa, dove centinaia di persone si sono unite alla protesta dei monaci buddisti contro il governo cinese iniziata lunedì scorso. L'ambasciata Usa a Pechino riferisce che cittadini americani hanno assistito a sparatorie nella capitale tibetana e secondo l'agenzia cinese Xinhua ci sarebbero dei feriti. La città è stata chiusa agli stranieri.
A Lhasa i tre principali monasteri buddisti sono stati accerchiati da migliaia di soldati e i monaci di Sera, il secondo monastero della regione, hanno cominciato uno sciopero della fame. Due monaci del monastero di Drepung sono in condizioni critiche dopo aver tentato il suicidio tagliandosi le vene. Lo ha riferito Radio Free Asia, un'emittente finanziata dagli Stati Uniti.
Ma dopo l'assedio dei monasteri le proteste sono esplose e hanno raggiunto un livello che non era mai stato registrato negli ultimi 20 anni in questa regione nel nord-ovest della Cina. In particolare, è stato preso d'assalto il centro storico di Lhasa dove oggi si sono verificati incendi nel mercato, il Barkhor.
Funzionari del Partito Comunista cinese e della polizia sostengono di non avere informazioni su quanto sta accadendo a Lhasa e si rifiutano di commentare le notizie riferite da Radio Free Asia (Rfa). Secondo questa emittente molti altri monaci, oltre ai due che si sono tagliati le vene, stanno compiendo gesti di autolesionismo per protestare contro l'accerchiamento delle forze dell'ordine attorno al monastero e contro l'arresto di alcuni monaci.
Le proteste sono iniziate in due monasteri di Lhasa lunedì, anniversario della rivolta non-violenta del 1959 contro l'occupazione cinese, e giovedì hanno raggiunto anche quello di Ganden, secondo Rfa e l'associazione britannica Campagna internazionale per il Tibet (Ict). I tre monasteri sono di grande importanza storica e vengono chiamati "I pilastri del Tibet". Anche a Xiahe, altra città tibetana, circa 200 persone guidate da monaci buddisti hanno iniziato a manifestare contro il governo di Pechino.
Nel nord dell'India oltre cento tibetani in esilio, che avevano iniziato una marcia da Darmanshala verso il Tibet, dovranno scontare due settimane di carcere dopo essere stati arrestati ieri con l'accusa di aver minacciato "la pace e la tranquillità" della regione.
(ANSA) - PECHINO, 14 Mar 18:54 - I disordini a Lhasa sono 'orchestrati dalla cricca del Dalai Lama', ha detto - per Nuova Cina - il governo del Tibet nominato da Pechino. Intanto fonti tibetane indiane, citando la Tibet Society di Londra, riferiscono che le due vittime degli scontri in Tibet sarebbero una ragazza di 16 anni e un monaco. Secondo le informazioni, la ragazza sarebbe morta a Lhasa mentre il monaco a Ramoche. La polizia indiana, inoltre, ha arrestato un'ottantina di manifestanti tibetani a New Delhi.
Lhasa, 15 mar. (Adnkronos/Dpa) - E' di almeno 100 morti il bilancio degli scontri avvenuti ieri a Lhasa, capoluogo del Tibet. E' il drammatico bilancio reso noto dal governo tibetano in esilio nel nord dell'India.
Secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa cinese 'Xinhua', che cita un alto funzionario del governo tibetano, le vittime invece sarebbero 'soltanto' 10 e si tratterebbe di "civili innocenti", morti in seguito agli incendi appiccati contro numerosi negozi della città. E secondo una terza fonte, la radio 'Free Asia', negli scontri di ieri sarebbero rimaste uccise almeno 80 persone. Al momento non si hanno notizie di cittadini stranieri coinvolti negli incidenti.
Mentre, meschinamente si fa la conta dei morti e se ne trae una media unanimemente condividibile e accettabile, qualche breve delucidazione.
Quando il Dalai Lama è venuto in Italia, negli ultimi mesi dello scorso anno, nessuna personalità di spicco, nè politica nè tantomeno religiosa (vedi il Papa) ha potuto "liberarsi dai propri impegni" per incontrarlo. Nessuna emittente ha mandato in onda qualcosa di più corposo di un breve flash di immagini. Così è accaduto in molte altre visite in paesi occidentali, i cosidetti "Paesi liberi".
La Cina è stata osteggiata per anni per il suo regime sanguinario: oggi, nella sua versione capitalistica, sembra riscuotere maggiori consensi e timori. La Repubblica Popolare ha uno dei più alti tassi di tortura al mondo, la più alta crescita economica registrabile attualmente, un PIL esorbitante, un Pil pro capite miserrimo. I dirigenti cinesi, unico polo ricco del paese, investono all'estero, possiedono titoli del debito americano, detengono volontariamente svalutata la loro moneta per aumentare la competitività con l'estero. La media della popolazione cinese vive in zone scollegate, povere, abbandonate, in una sorta di periodo imperiale mai terminato.
Vergogna.
Il 14 marzo, il leader del PD, Walter Veltroni, ha parlato a favore del Dalai Lama riguardo questa nuova crisi in Tibet: sfruttamento ipocrita o risveglio di coscienza? Non lo so.
L'importante è che si parli di certe cose e si perda meno tempo in banalità.
Per saperne di più guardate qui cosa rappresenti Lhasa. Anche se è un consiglio cretino: guardate "Sette Anni in Tibet". Sembra che con i film, ormai, la nostra indignazione sociale ed umana diventi più attiva e dinamica.
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